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Auschwitz. Il ricordo di un viaggio

Culture, Psicologia Sociale

Credo ci siano luoghi nel mondo che tutti, almeno una volta nella vita, dovremmo visitare. Non solo per la loro bellezza paesaggistica, per il loro coinvolgente richiamo alla storia o ancora per viaggiare nel tempo e riscoprire il fascino culturale grazie all’espressione dell’arte.
Ci sono anche luoghi nel mondo che tutti, almeno una volta nella vita, dovremmo visitare per capire sino a dove si può spingere la crudeltà dell’uomo. Pensare che c’è stato un tempo, non poi così lontano, in cui un popolo veniva spogliato e privato della sua dignità, per diventare solo un numero marchiato sulla pelle. Un numero per ricordare a chi è riuscito a sopravvivere e a veder nuovamente oltre quella cancellata, oltre quei binari e oltre quei fitti e alti alberi schierati come soldati, cosa di brutale è capace il genere umano nei confronti dello stesso genere umano. Un luogo che ho visitato e che non potrò mai dimenticare.

Era una giornata nuvolosa, ma al nostro arrivo i raggi del sole iniziavano a farsi spazio tra le nuvole. Quel che ricordo più di tutto è stata la consapevolezza mia, dei mie compagni di viaggio e di tutti coloro scesi come noi da quel treno, che ci stavamo dirigendo verso un luogo di morte. Le risate e la spensieratezza di un gruppo di 9 ragazzi in viaggio in Polonia, cessarono nel momento in cui mettemmo piede a terra. Prima di entrare, ad accoglierci decine e decine di corvi, credo di non averne mai visti così tanti e tutti insieme. E’ così che ebbe inizio la nostra visita ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau.
Spiegare e raccontare le emozioni e le sensazioni provate, trovare le parole giuste, metterle in ordine dandone un senso e condividerle, è tremendamente difficile. In quel luogo così affollato di gente regnava un silenzio assordante, quasi a voler dar spazio e voce a tutto ciò che quei posti ci stavano raccontando.

Nei campi di concentramento si è cercato fortemente di annientare ed eliminare un popolo, arrivato lì con delle valige ormai vuote di sogni, speranze e futuro, ma che allo stesso tempo raccontavano la loro storia e la loro provenienza. Raccontavano della loro appartenenza ad un gruppo, un gruppo non gradito a tal punto da essere eliminato nel modo più atroce. Un gruppo con una sua identità sociale e culturale, che neanche l’Olocausto è riuscito a cancellare.

27 Gennaio, Giornata della Memoria.

“Le nostre appartenenze ai gruppi forniscono un contributo importante per comprendere chi siamo e qual è il nostro posto nel mondo”
(Brown, 2000)

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